IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 73 del 2012, proposto da Giampiero Di Florio, Anna Lucia Campo, Rosangela Di Stefano, Maria Domenica Ponziani, Cristina Tedeschini, Alberto Tachini Bellisarii, Valentina D'Agostino, Giuseppe Bellelli, Lucio Luciotti, Paolo Pompa, Mirvana Di Serio, Anna Rita Mantini, Rita De Donato, Maria Michela Di Fine, Nicola Valletta, Salvatore Campiochiaro, Luca De Ninis, Carmine Maffei, Barbara Del Bono, Franco Di Pietro, Ruggiero Dicuonzo, Angelo Mariano Bozza, Francesco Salvatore Filocamo, Paola De Nisco, Angelo Zaccagnini, Stefania Ursoleo, Marco Bortone, Rossana Villani, Giuseppe Antonio Cassano, Rosaria Vecchi, Silvia Santoro, Giuseppe Falasca, Pietro Mennini, rappresentati e difesi dagli avv. Vittorio Angiolini, Marco Cuniberti, Luca Formilan e Valerio Speziale, domiciliatario in Pescara, via dei Marrucini n. 21; Contro Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distr.le de L'Aquila; per il riconoscimento del diritto dei ricorrenti al trattamento retributivo loro spettante senza le decurtazioni di cui all'art. 9, comma 2, D.L. n. 78/31.03.2010, conv. in L. n. 122/30.07.2010, successivamente confermate dall'art. 2, comma 1, D.L. n. 138/13.08.2011, come modificato dalla legge di conv. n. 148/14.09.2011, nonche' per la condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento delle corrispondenti somme trattenute, con gli accessori di legge. Visti il ricorso, gli atti di costituzione dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, le memorie, i relativi allegati e gli atti della causa; Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2012 il cons. Dino Nazzaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; i ricorrenti, magistrati ordinari in servizio presso gli Uffici giudiziari delle provincie di Chieti e Pescara, censurano le decurtazioni stipendiali stabilite con le leggi indicate in epigrafe, secondo le modalita' ivi previste per il periodo 1° gennaio 2011/ 31 dicembre 2013; le stesse sono giustificate dal legislatore con richiamo all'eccezionalita' della situazione economica internazionale, alla necessita' della finanza pubblica e di dover contrastare la evasione fiscale. La regola e' generalizzata per i dipendenti pubblici con trattamenti economici superiori ad € 90.000,00 lordi annui (5% per la parte eccedente fino ad € 150.000,00 , 10% la ulteriore somma eccedente gli € 150.000,00) ed avrebbe come scopo la stabilizzazione finanziaria ed il rilancio della competitivita' economica, attraverso il contenimento della spesa pubblica. La misura colpisce i soli dipendenti pubblici, tra cui i magistrati, anche col blocco di ogni meccanismo di adeguamento retributivo e di progressione stipendiale, con esclusione del settore privato e dei lavoratori autonomi, i quali sono esentati dal concorso economico straordinario, pur beneficiando della spesa pubblica generale. La discriminazione e' ritenuta irragionevole e lo stesso legislatore aveva divisato di superare tale ingiusta sperequazione con l'istituzione di un "contributo di solidarieta'" erga omnes. La preventivata abolizione della decurtazione, di cui al citato art. 9, comma 2, prevista dall'art. 2, comma 1, D.L. n. 38/2011, non ha trovato l'avallo parlamentare, con conferma della normativa preesistente, addizionata di un contributo di solidarieta' del 3% per la parte eccedente i redditi superiori agli € 300.000,00; la circostanza, invero, evidenzia ancor piu' la discriminazione per i dipendenti pubblici, sia per l'aliquota, non uniforme, sia per il livello base del reddito considerato. La misura ha i connotati del "prelievo forzoso" e si risolve in una "tassazione aggiunta" per i dipendenti pubblici. L'Avvocatura dello Stato, poste delle eccezioni preliminari di tipo formale e non preclusive dell'esame di merito, ricorda che non vi e' alcun provvedimento da sospendere e che il danno economico sarebbe riparabile. Sul piano concreto richiama la situazione eccezionale e contingente, nonche' la discrezionalita' legislativa. Alla camera di consiglio del 22 marzo 2012, stante la richiesta tutela cautelare, la causa e' stata assunta in decisione a tali fini. Il Tribunale, valutate le ragioni di diritto, ritiene prioritario l'esame delle sollevate eccezioni di costituzionalita', atteso che le previsioni normative trovano immediata e diretta applicazione, per il triennio 2011- 2013, a carico dei ricorrenti; in merito e' gia' stata sollevata analoga questione con ordinanza n. 701/2011. La normativa richiamata (art. 9, comma 2, D. L. n. 78/2010, conv. in L. n. 122/2010 e confermata dall'art. 2, comma 1, D.L. n. 138/2001, conv in legge n. 148/2011), stante il suo automatico carattere cogente, pone una lesione patrimoniale non mediata da alcun provvedimento dell'Amministrazione, sospendibile e/o annullabile in quanto tale, venendo a dare esclusiva e decisiva rilevanza alla sollevata questione di legittimita' costituzionale, in quanto la caducazione, anche parziale, dei citati articoli, determinerebbe l'accoglimento del gravame, possibile nella stessa sede cautelare, con statuizione della piena tutela giurisdizionale. Le censure concernono l'art. 9, comma 2, D.L. n. 78/2010, quale convertito in legge n. 122/2010, e vanno estese anche all'art. 2, comma 1, D.L. n. 138/2011, convertito in legge n. 148/2011, che riafferma in maniera testuale ed autonoma, le stesse precedenti disposizioni le quali "continuano ad applicarsi nei termini ivi previsti", recependone integralmente il contenuto. Vengono in rilievo, per la loro violazione, gli artt. 2, 3, 23, 36, 53, 97, 101, 102, 104, 107 e 108 della costituzione. Le misure economiche stabilite ex lege si sostanziano in una "prestazione economica imposta" in via duratura (triennio), attuata mediante decurtazicini stipendiali mensili gravanti solo sui dipendenti pubblici, lasciando indenni sia i lavoratori privati, sia quelli autonomi che, pur beneficiando di una pari fascia retributiva, non solo sono esentati ma possono liberamente incrementare ulteriormente il proprio reddito. Cio' nonostante la ratio legis che e' nella necessita' di un concorso generalizzato al contenimento delle spese pubbliche, che inevitabilmente richiama il principio di solidarieta' economica e della capacita' contributiva individuale dei cittadini; le ragioni di equita' sociale, infatti, possono far comprendere la scelta selettiva di livelli retributivi medio-alti, resta, pero', inspiegabile la limitazione, della sfera soggettiva dei destinatari, ai dipendenti pubblici che, quali percettori di redditi fissi, notoriamente non sfuggono ad alcuna tassazione, stante la piena conoscenza degli introiti stipendiali ed il pagamento fiscale contestuale alla liquidazione mensile. La diversa denominazione del prelievo e l'eccezionalita' della situazione, per nulla di breve durata, non muta la natura del sacrificio patrimoniale, che rappresenta, per le finanze pubbliche, sempre un'entrata pecuniaria, utilizzata per finalita' generali; il punto ineludibile e' la parita' di trattamento e la non ragionevolezza di gravose soluzioni unidirezionali e plurime su una stessa categoria (decurtazioni immediate e blocco degli adeguamenti retributivi e della normale progressione economica nel triennio) che, invero, vengono illogicamente collegate anche alla lotta all'evasione fiscale, certamente non imputabile ai percettori di un reddito fisso, tassato alla fonte. La delicatezza della situazione economico-finanziaria nazionale ed europea puo' giustificare politiche di riequilibrio, ma l'intervento normativo deve rispettare i canoni di cui agli artt. 2, 3 e 53 cost, che non ammettono soluzioni arbitrarie e sbilanciate, specie se non sono circoscritte ai periodi di breve durata ed addossano l'intero sacrificio ai soli dipendenti pubblici, il cui diverso livello di retribuzione distingue la particolare qualificazione delle funzioni svolte. Il legislatore ha imposto sacrifici economici che si risolvono in una reformatio in peius dell'intero trattamento economico dei dipendenti pubblici investiti di maggiori impegni e responsabilita', facendone una speciale categoria di cittadini che avrebbero una capacita' contributiva oltre ogni logica equitativa, tanto e' vero che lo stesso legislatore, in sede di elaborazione del D.L. n. 138/2011, ha avvertito la discriminazione perpetrata, proponendo, senza esito, la soluzione del "contributo di solidarieta'" per la generalita' dei contribuenti. Volendo considerare la funzione pubblica dei ricorrenti, non puo' non ricordarsi come la componente economica e' una costante necessaria, tesa a garantire la posizione costituzionale dell'ordine giudiziario, cui deve essere assicurata ogni forma di indipendenza, anche economica, Per ottenere autonomia, imparzialita' e responsabilita' nello svolgimento della funzione giurisdizionale. Tale aspetto, essenziale e connaturale all'attivita' del magistrato, involge, oltre all'art. 97 cost. (buon andamento degli Uffici giudiziari), gli ara. 101, 102, 104, 107, 108 cost., tutti posti a garanzia dell'istituzione e del singolo organo, sottoposto esclusivamente alla legge e chiamato ad assicurare la piena legalita', in epoca di dilagante devianza, con indipendenza da ogni possibile forma di pressione esterna. Il magistrato, invero, viene a subire, oltre alla decurtazione (art. 9, comma 2), la privazione, senza possibilita' di recupero, degli acconti economici degli anni 2011/2013, nonche' del conguaglio 2010/2012; la indennita' speciale (art. 3 legge n. 27/1981) viene ridotta del 15 % per l'anno 2011, del 25 % per l'anno 2012 e del 32% per l'anno 2013 (art. 9, comma 22°), rappresentando misure economiche riduttive ulteriori ed uniche nell'ambito dello stesso pubblico impiego. La complessita' ed incisivita' dell'intervento normativo non puo' non involgere l'art. 36 cost., considerato che la normativa citata viene a porre una proporzionalita' a ritroso, che si risolve in una diminuzione patrimoniale, cui consegue un'aumentata capacita' contributiva, 40/ attraverso le ulteriori trattenute sull'imponibile gia' tassato nella sua progressivita', nonche' in un misconoscimento della delicatezza della funzione svolta. Il principio di proporzionalita' non puo' essere aggirato dalla retorica linguistica di un generico prelievo forzoso che nella sua effettivita' si sostanzia in una diminuzione retributiva costituzionalmente sbilanciata; in realta' si e' in presenza di un contributo eccezionale e straordinario che penalizza una ristretta categoria di soggetti sia per la sua durata, sia per l'entita' delle trattenute. E' da chiedersi: le misure adottate, estese, con la dovuta gradualita', a tutta la platea dei contribuenti, non sarebbero state piu' produttive, di minore incidenza e di piu' breve durata? Pacatoque animo, va ricordato che ogni situazione di eccezionalita' economico-finanziaria deve trovare soluzione nell'ambito dei principi sovrani di ragionevolezza, generalita', gradualita' e certezza giuridica; di qui la non manifesta infondatezza dell'eccezione di costituzionalita' dell'art. 9, commi 2 e 22, del D.L. n. 78/2010 (legge n. 122/2010), nonche' dell'art. 2, comma 1, D.L. n. 138/2011 (legge n. 148/2011); essa, invero, si pone rilevante ed attuale, ai fini di ogni tipo di decisione, circa la domanda in punto di integrita' del trattamento retributivo dei ricorrenti, che e' possibile solo all'esito del giudizio di costituzionalita'. Visto l'art. 23 legge n. 87/1953 e riservata ogni decisione, si solleva l'eccezione di costituzionalita' come da motivazione, con rimessione degli atti alla Corte costituzionale.